23 dicembre 2009

BAMBINA DA VECCHIA DATA – seconda parte

È una bambina con i capelli raccolti in una coda: bianchi. Indossa un abito di velluto rosso, da bambola anni ‘40, però ai piedi ha scarpe da ginnastica di ultima generazione, che s’illuminano di verde.

Seduta su una poltrona zebrata, ha in mano una fionda che non perde l’occasione di puntare contro di me: sembra volermi colpire agli occhi.

«Chi sei tu che vuoi guardarmi?» grida.

«A dir la verità – le spiego – non vorrei offenderti, ma… ti sto guardando solo per caso».

Segue un lungo silenzio durante il quale la bambina depone la fionda sotto un cuscino e inizia ad armeggiare con una specie di telecomando; grazie a una combinazione di pulsanti chiude la porta alle mie spalle, fa comparire una poltrona sotto le mie ginocchia e infine costringe addirittura quest’ultime a piegarsi per lasciar accomodare il mio sedere sul canapè.

“Comodo questo canapè, ci passerei volentieri il resto della vita. Devo chiederle assolutamente dove l’ha comprato”, penso. Ma le mie riflessioni tanto stupide quanto rilassanti sono subito interrotte da una domanda minacciosa.

«Solo per caso… vuoi essere la mia mamma?» mi chiede la bambina.

«Ma che domande… – rispondo fingendo sicurezza e balbettando nella coscienza – caso vuole che io sia ancora troppo giovane per aiutarti a crescere, non trovi?».

Segue un lungo, secondo silenzio, durante il quale la bambina depone il telecomando sotto il cuscino e inizia a sfogliare un album dalla copertina rigida, in cuoio; grazie a una combinazione di foto e documenti, articoli di giornale accuratamente ritagliati, fa avvicinare la mia testa ai suoi ricordi e la costringe a piegarsi fino quasi all’impatto con le pagine di una Storia.

«In un caso o nell’altro, tutti questi genitori mi hanno abbandonato», mi racconta, passando il piccolo indice sulla galleria dei volti…

(CONTINUA)

15 dicembre 2009

BAMBINA DA VECCHIA DATA – prima parte

Domenica sera. Cammino per un sentiero innevato in cerca della casa, della mia. Ma nel buio totale di quest’ora perdo l’orientamento – un orientamento qualsiasi.

I miei passi affondano nelle neve, vacuo dopo vacuo: mi fa compagnia solo la nuvola di fumo con cui la mia bocca sta parlando al freddo. È la scena opaca di un vapore che dialoga con il ghiaccio.

Le mani sono paralizzate in tasca dimentiche del tatto/il naso ha perso la punta scordandosi del fiuto/gli occhi si parano dietro alle palpebre imputando al buio la mancanza di vista.

Comunque il corpo, nel suo insieme, alla cieca, procede ostinato nella forza d’inerzia.

Fino a che, senza averlo lontanamente previsto, si scontra con un blocco di marmo: dalle spalle larghe, imponente. La mente arriva di fronte a quell’ostacolo in ritardo di qualche minuto; l’ identità si affaccia allo scoglio con una lentezza ancora maggiore:

il blocco, un cubo perfetto, ha le dimensioni di una piccola dimora o di un grande cenotafio, ma più probabilmente è un incrocio di queste due forme:

è il rifugio di qualcuno che vive/

morendo in un vuoto di memoria.

Quando finalmente i ‘corpo mente identità’ sono riuniti in me, che a fatica tento di ostacolare la dispersione dei miei pezzi, una porta ritagliata nel marmo si apre violentemente: è il grido di chi in quella tomba di casa, stasera, ha bisogno di essere visitato – e con il battente urla la mia emotività, non aliena lei stessa dalla necessità di farsi visitare.

Mi ricompongo,

varco la soglia e vedo il volto del sequestrato: in quelle pareti, piantate a terra senza dare alcun frutto, è abbandonata la prima orfana di un Paese…

7 dicembre 2009

TUTTO AD UN TRATTO – seconda parte

Il Signor Pourquoi riesce appena ad aprire gli occhi e a mettersi a fuoco nel suo corpo di uomo, che una lista di link gli si pone davanti a sbarrare la strada a un punto di fuga:

Il Tempo è un quotidiano di lettori nel passare di notizie sempre uguali.

Il Tempo Italia è un Meteo Mare Montagna Vacanze nonostante la crisi.

Il Tempo Reale è la cronaca sportiva di una derby fulminante.

Il Tempo Medico, nonostante i farmaci, non guarisce l’ansia del futuro.

(poi ci sono il Chetempochefa - e non si sa; il Tempo Libero che vuole essere imprigionato; infine il Traffico in Tempo Reale che, realisticamente, sottolinea la difficoltà di stare nei ritmi moderni).

Il Signor P. guarda la lista di rilevanza “temporale” e percepisce un’ansia robusta arrampicarsi in cordata su per il suo stomaco, fino alla gola, di placca in placca: sale in free climbing aderendo perfettamente alle pareti dell’esofago. Il Signor P., infatti, è ormai arrivato al Tempo di Cottura per la troppa esposizione ai link della sua ricerca. L’ansia gli è arrivata fin sulla punta della lingua, intaccando le papille gustative e contorcendo le guance in una smorfia più che giustificata:

è il Tempo di Riforma?

Il Signor Pourquoi vorrebbe grugnire come un maialino lattonzolo o di nuovo abbaiare come un bassotto incontinente: la sua unica naturale reazione è ora identica a quella di un animale

che non sta bene senza sapere il perché e si abbandona al lamento.

Il Signor P., con il passare delle ore, ha dimenticato il motivo della sua ricerca (poi intrapresa per sbaglio oltrepassati i suoi sogni); ora fa indigestione di risultati che sente essere amari: avverte che non sono quelli i frammenti di Tempo che andava cercando, ma altro non gli riesce se non rimettersi a dormire.

 

Quante volte il Tratto Verticale pulserà in attesa di quiete.

Quante volte il Signor Pourquoi grugnirà in attesa di cercare.

Quante volte il Tempo resterà immobile in attesa di essere esplorato.

3 dicembre 2009

TUTTO AD UN TRATTO – prima parte

Il Signor Pourquoi a mezzanotte si è addormentato sul divano: tra le braccia ha un computer portatile, connesso alla rete e aperto sulla  pagina di un motore di ricerca. Il Signor P. si è assopito poco prima di premere il tasto d’invio ed il cursore, al centro della pagina web, lampeggia da più di tre ore preceduto da una sola parola: TEMPO.

Quante volte il Tratto Verticale ha pulsato in attesa di quiete.

Quante volte il Signor Pourquoi ha russato in attesa di cercare.

Quante volte il Tempo è rimasto immobile in attesa di essere esplorato.

Il Campanile suona le quattro del mattino e, al quinto rintocco (inesistente), per il rumore il Signor P. si sveglia e strilla, spaventandosi del suo stesso urlo con voce da castrato. Nell’agitazione, con gli occhi cisposi, la mano informicolata e la bocca asciutta, il Signor P. si scompone e il suo gomito sinistro scivola sul tasto d’invio – ed è così intrapresa, per sbaglio, la ricerca dimenticata nei sogni,

dove il Signor P. aveva la forma di un cane bassotto: urinava sulle scarpe del capo e succedeva che il tempo non fosse momentaneamente un problema alla sua altezza…